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COPYRIGHT BEPPINO TARTARO 2004
Gruppo
18 - IL TRASPORTO AL SEPOLCRO
Opera
di Giacomo Tartaglio
Ceto dei Salinai
(
in passato affidato ai
Corallai )
Giuseppe
d'Arimatea, ottenuto da Pilato il permesso di seppellire
Gesù, trasporta il corpo del Cristo, aiutato da Maria, Maria
Maddalena, Giovanni e Nicodemo.
" U
Signuri nn'u linzoluu " è l'ultimo " gruppo
" a sfilare nella processione, seguito dai due simulacri
di Gesù Morto e di Maria Addolorata.
Particolare è il rapporto che lega questo " mistero
" alla città, probabilmente a causa
dell'affidamento alla categoria dei lavoratori del sale, un
mestiere che da sempre caratterizza la città di Trapani.
La storia
dei gruppo vede, l'affidamento all'allora fiorente categoria
dei corallai con
atto del notaio Diego Martino Ximenes il 5
aprile 1619 ( corda 10562 - pag.440 verso - AST Trapani ).
La crisi del settore del corallo
costrinse però la maestranza a cedere l'affidamento il 20
febbraio 1790 con atto rogato dal notaio Giuseppe Anastasi.
Fu la stessa Compagnia di San Michele Arcangelo ad occuparsi
della processione del gruppo che per almeno dieci anni, fu
curato dai confrati. Ne primi del secolo decimonono si
presume sia stato affidato ai salinai ma tale atto di
affidamento non è ancora stato recuperato. Si sa, da un
documento del 1799 che il gruppo era
ancora condotto in processione dalla Compagnia e di esso si
citava il fatto che fosse appartenuto ai corallai mentre non
vi è alcun riferimento ai salinai
Non si
hanno notizie sull'autore del gruppo originario.
Dall' atto di affidamento del 1619 ai corallai,
viene accuratamente descritto il " mistero "con
l'elencazione di cinque personaggi e solo successivamente,
nel 1790, quando la maestranza dei corallai rinunciò a tale
affidamento compare una sesta statua, quella di Maria, probabilmente aggiunta al gruppo in quel
periodo.
Dell'intera collezione dei gruppi è quindi quello con il
maggior numero di statue, sei e tutte di ottima fattura, abilmente
realizzate dal grande artista Giacomo Tartaglio e precisamente Gesù, San Giovanni, la Madonna, Giuseppe d'Arimatea,
Nicodemo e Maria di Magdala, la cui testa è ritenuta tra le
più belle dell'intera collezione.
L'episodio
raffigurato, tratto dai Vangeli, coglie l'attimo in cui Gesù
viene trasportato al Santo Sepolcro.
Splendida
è la descrizione del gruppo che leggiamo nell'opuscolo edito dall' Ente Provinciale Per il Turismo di Trapani in
occasione della Processione del 7 aprile 1950.:
"...Maria santissima, Giuseppe d'Arimatea, San Giovanni, Maria
Maddalena e Niccodemo reggono i lembi della sacra Sindone su
cui è disteso il corpo piagato ed inerte del Redentore.
Strazio ed angoscia si leggono nei volti del discepolo
prediletto e della Maddalena, mentre quelli di Giuseppe e
Niccodemo esprimono una commossa soddisfazione per il dovere
compiuto. La Madre Divina giganteggia sulla scena pietosa col
suo immenso dolore che si rivela nel gesto desolato delle
braccia, nella tragica espressione del volto, nel pianto
irrefrenabile dei suoi occhi soavi. Tutta la scena è viva,
animata, armoniosamente composta, perfetta nei dettagli e
nell'insieme."
Il
"Trasporto" è tra i gruppi cui maggiore è la
devozione popolare e proprio il lenzuolo ove è adagiato Gesù,
viene ripetutamente cambiato in quanto considerato ex voto.
La
maestranza dei salinai ha sempre garantito al gruppo una degna
processione e non è mai mancata la banda musicale, un tempo
sinonimo di ricchezza.
Anticamente
la processione " du misteri salinara " era affidata
agli stessi salinai, ma essendo venerdì giornata lavorativa,
essi non potevano far parte subito del sacro corteo. Era così
diventata consuetudine il loro incontrarsi a processione già
iniziata, nei pressi della Via Mercè e da lì, in abito nero,
iniziava la loro partecipazione.
Ancora oggi, malgrado la
processione non sia più composta da salinai, si
contraddistingue per la serietà ed il rispetto della
tradizione. I processionanti indossano l'abito nero ed
al collo l'abitino.
CURIOSITA'
Da
" La Settimana Santa nel trapanese - passato e presente
" di Giovanni Cammareri :
"....uno
strano emblema legato alla gamba di Gesù : si tratta di una
mammella d'argento, donata da un salinaio per grazia ricevuta
in seguito ad una caduta in sede di preparativi allorquando un
aggeggio appuntito, probabilmente un candelabro, lo trafisse
proprio al petto ."
"
....si racconta che nel dopoguerra i " salinai " ed
i " muratori " essendo molta accesa la rivalità,
coprivano, prima dell' uscita, i rispettivi addobbi ad evitare
estemporanee migliorie alla vista dell'altro ".
APPROFONDIMENTI
GIUSEPPE D' ARIMATEA
era un nobile segretamente legato
a Gesù. Arimatea era la sua città d'origine, corrispondente
all'antica Ramataim, l'odierna Rentis, una cittadina a pochi
chilometri dall'odierna Tel Aviv.
Giuseppe
si decise a chiedere il corpo di Gesù a Pilato solo dopo che
questi aveva acconsentito di togliere i tre giustiziati dalla
croce, onde fare un piacere agli ebrei, che non volevano
trasgredire la "sacralità" del sabato pasquale.
Giuseppe non andò a chiedere il corpo subito dopo che Gesù
era morto, ma solo dopo aver appreso la notizia che i giudei
volevano seppellire i tre crocifissi in una fossa comune.
Se
avesse chiesto il corpo subito (il Cristo morì alle tre del
pomeriggio; gli altri due zeloti vennero finiti con la rottura
delle ginocchia), la sepoltura sarebbe stata regolare e non
affrettata. La salma, se non unta e profumata, sarebbe stata
almeno lavata.
Giuseppe
quindi non dovette avere alcun particolare
"coraggio", anche perché i romani non si curavano
affatto della sepoltura dei giustiziati, e comunque non
avevano difficoltà a concedere la salma ai parenti o ai
conoscenti che la richiedevano. Erano gli ebrei che non
concedevano il diritto a un condannato a morte d'essere
sepolto in una tomba privata.
Forse
un po' di coraggio Giuseppe dovette mostrarlo nei confronti
degli ebrei, ma quel tipo di coraggio, se mai ci fu,
sarebbe stato ben poca cosa a confronto di quello che egli
avrebbe dovuto manifestare all'interno del Sinedrio, dove
peraltro era già noto che non tutti erano favorevoli alla
condanna di Gesù.
Giuseppe
non può aver "comprato" il telo in un'ora del
venerdì in cui, per il computo degli ebrei, le attività
fossero già proibite a causa della festività del sabato:
questo significa che la data presunta della morte del Cristo
è sufficientemente realistica.
Grazie
tuttavia a Giuseppe oggi noi possiamo ammirare la Sindone.
Secondo le fonti documentarie
Giuseppe d’Arimatea ebbe il compito di estrarre i chiodi
dalle mani di Cristo, mentre Nicodemo estrasse i chiodi dai
piedi .
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NICODEMO è un fariseo, uno dei capi, uno stretto osservante
della Legge,desideroso di conoscere Gesù, per capire e
comprendere di più. Probabilmente un membro del sinedrio.
Dunque un "maestro d’Israele". Egli è colpito non
tanto dall’insegnamento di Gesù, quanto dai
"segni" che gli compie che lo spingono a porsi degli
interrogativi su Gesù, che lo discostano dalla linea
ufficiale adottata da quella del suo partito fatta di rifiuto
e di ostruzionismo. Come tutti gli altri è sicuramente
condizionato da una concezione terrena e politica del Messia.
Egli va da Gesù di notte. Un particolare che rivela molto
dell’atteggiamento, del carattere e delle preoccupazioni di
Nicodemo.
Nicodemo
non compì mai una precisa scelta. Non si è posto dinanzi ad
un’alternativa. Egli vuole anzitutto capire e vedere se è
possibile conciliare un dialogo con Gesù pur non
compromettendosi e sbilanciandosi pubblicamente. Gesù
comprende che il dialogo con Nicodemo è possibile solo nella
misura in cui egli si lascerà scalfire le sue certezze
teologiche. Ancora una volta Gesù non rifiuta un incontro
ambiguo: è venuto per tutti perché tutti siano salvi.
Ritroveremo Nicodemo al momento della sepoltura di Gesù,
accanto a Giuseppe d’Arimatea. Lo si immagina ancora turbato
e perplesso. Non riesce a fare il passo: non sarà né
discepolo né apostolo.
Gesù non ha insistito. Ha rispettato, con il pianto nel
cuore, la sua libertà.
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